Oggi, più degli altri giorni, siamo partiti senza sapere esattamente dove fermarci. La destinazione finale sarebbe dovuta essere Portomarin, ma percorrere oggi 18 km e domani 36, non avrebbe avuto molto senso. Decidiamo comunque di arrivare a Portomarin e poi decidere il da farsi.

Partiamo verso le 7:15, e per la prima volta da quando siamo partiti, sono la prima ad essere pronta. Sarà perché finalmente ho vinto la mia personale battaglia con il sacco a pelo e con lo zaino. Ormai ho delle tecniche di preparazione pazzesche 🙂

Come ogni mattina partiamo senza fare colazione (anche se il bar del nostro albergue era aperto), fiduciosi di trovarne comunque uno nei prossimi 4 km. Invece niente! Camminiamo per 8 km in mezzo al nulla, incontrando mucche, asini e cavalli, e circondati dalla natura spettacolare della Galizia.

Dopo due ore incontriamo il primo bar aperto, e ci entriamo proprio mentre sta per iniziare a piovere. Il bar è piccolino e, ovviamente essendo l’unico, pieno. Dentro c’è anche Laura, la ragazza di Barcellona che abbiamo conosciuto nei primi giorni di cammino durante una giornata piovosa, per cui adesso diciamo che ci incontriamo solo quando piove 🙂

Dopo un’abbondante colazione ripartiamo in direzione Portomarin. Sono altri 10 km, ma decidiamo di farli in un’unica tirata.

Poi però ci dividiamo. Bruno si ferma per parlare al telefono, mentre io continuo per non perdere il ritmo. A pochi km da Portomarin, vedo un bar, e decido di entrarci per aspettare Bruno. Per fargli capire che sono lì lascio i bastoncini fuori, bastoncini che lui ovviamente non vedrà.

Cerco di ordinare del succo d’arancia in spagnolo, ma alle fine mi vien fuori un “zumo orange”. Il ragazzo al bancone capisce subito tutto, e in italiano mi insegna come si dice. Io lo ringrazio e bevo il mio succo. Prima di andare via torno al bancone per apporre il timbro sulla credenziale e ci mettiamo a chiacchierare. Gli chiedo come sia finito lì, se dopo aver fatto il cammino anche lui ha sentito il bisogno di farne parte. Lui mi dice di averlo fatto 5 volte prima di esserti trasferito, e mi racconta anche le difficoltà incontrate. Chiacchierando scopriamo di avere in comune quel senso di irrequietezza che ti porta a viaggiare e a cercare sempre qualcosa. Gli dico che pensavo che il cammino attenuasse questa sensazione, invece l’ha aumentata. Lui mi sorride e mi dice che è un buon segno. Poi prima che vada via mi da un bigliettino con i suoi contatti e mi dice “scrivimi quando arrivi a Finisterra, o se mai avessi bisogno di una mano lungo il cammino. Sappi però che questa sensazione non va mai via, nemmeno se ti trasferisci qui”. E allora, per la prima volta capisco. Capisco che senza questa sensazione che da anni cerco di placare, non sarei qui. Di certo non sarei la stessa persona!

Con tutte queste riflessioni per la testa, esco dal bar e non mi accorgo che Bruno é già passato e che io sono senza credito nel cellulare. Motivo per cui perdiamo un po’ di tempo aspettandoci a vicenda in punti diversi, ma alla fine ci ritroviamo all’ingresso di Portomarin. Decidiamo di proseguire, ma non prima di aver pranzato e di aver visto la piazza principale con la sua chiesa.

Subito dopo pranzo ripartiamo con l’obiettivo di raggiunge Hospital de la Cruz, che dista 12 km. Lungo la strada vediamo di fronte a noi una ragazza forse brasiliana, non lo sappiamo. Dice a Bruno che le fa male il ginocchio, e cerca fra gli alberi un pezzo di legno da utilizzare come bastone. Si rimette a camminare con quello che trova, ma dopo pochi metri lo butta via perché storto e corto. Allora la chiamo e le do uno dei 2 bastoncini da trekking che ho. Lei dice “no è tuo”. Io le dico che per me va bene anche averne solo uno. Lei rimane un attimo spiazzata poi lo prende e mi abbraccia forte. Ecco, io in quel momento mi sono sentita come un super eroe, e ho pensato a come il cammino ti porti ad essere più generoso e altruista verso gli altri.

Dopo 8 km arriviamo a Gonzar. Vittorio e Attila si fermeranno qui. Noi siamo un po’ indecisi. Vorremmo continuare, ma inizia a piovere e il tempo non sembra dei migliori. Alla fine decidiamo di continuare, così ci incamminiamo verso un bel tratto di salita. Arriviamo ad Hospital distrutti!! Anche oggi abbiamo fatto 30 km!

L’albergue municipal è carino e pulito, e poi in tutto siamo in 8. L’unico inconveniente è per la cena. Intorno, infatti,non c’è nulla, nemmeno una Tienda, ed il ristorante più vicino sta ad 1 km a piedi. Con noi non abbiamo nulla, per cui decidiamo di fare questi altri 2 km per cenare. Per fortuna non siamo soli. Mentre mettiamo i vestiti a lavare arriva Donatella, una ragazza umbra. Ci chiede il programma per la cena e si aggrega. Il ristorante chiude alle 8, per cui verso le 18:30 partiamo alla conquista della cena. Lungo la strada incontriamo Robert, un ragazzo slovacco che sta andando lì, per cui decidiamo di andarci tutti insieme.

Il chilometro sembra non finire mai, anche perché lo percorriamo lungo il bordo della statale, ma alla fine arriviamo. In ristorante ci siamo solo noi e i proprietari sono molto simpatici. Anche Robert e Donatella lo sono, per cui passiamo la serata a chiacchierare di viaggi e del cammino. Finita la cena scopriamo che i proprietari si offrono per riaccompagnarci in albergue, e nonostante sia solo un chilometro ne siamo molto felici 🙂

Adesso siamo già tutti a letto con le luci spente. 8 persone in una camerata da 30, con il tetto in legno e le travi a vista, immersi nel verde e nel silenzio. Eh niente, mi sembra tutto bellissimo.

A Santiago mancano circa 80 km, ancora qualche giorno di magia.