Oggi per me è la tappa più lunga, forse quella che temo di più. Cerco di uscire presto, ma prima delle 6 non ci riesco. Parto comunque carica, mangiando una delle prugne che mi ha regalato ieri il fruttivendolo, perché “sono magra e devo mangiare”. Ho provato a spiegargli che non posso portare molto peso perché ho lo zaino, ma è stato inutile.

Al primo bar entro a prendere un caffè, perché so che l’assenza di caffeina si farà sentire. Poi via, lascio Bagheria, ed entro a Santa Flavia. Qui incrocio un signore che cammina. Abbiamo più o meno lo stesso passo per cui ci affianchiamo. Mi chiede dove vado, e così iniziamo a chiacchierare di Santiago, di politica e di altre mille cose. Ci salutiamo a Casteldaccia, dove scopro che Giuseppe, questo il nome del signore, é il vice sindaco. Salutato Giuseppe faccio giusto qualche passo e vengo affiancata da una macchina. È un signore, e anche lui si chiama Giuseppe. Mi chiede se ho bisogno di un passaggio. Gli dico di no sorridendo, allora mi chiede se posso fargli vedere la strada che devo fare. All’inizio non capisco, ma poi si ferma e scende, e mi spiega che è un appassionato di trekking e sta cercando di segnare un cammino con dei suoi amici, quindi era incuriosito dalla mia strada. Chiacchiero un po’ anche con lui e poi riprendo a camminare.

La salita per Altavilla è come quella per Altofonte, per cui diffidate delle città “alte”, presuppongono salite al limite della decenza! Ciò nonostante ce la faccio. Arrivo ad Altavilla e dopo un controllo ai piedi ed una pausa, vado al Santuario della Madonna della Milicia per apporre il timbro alla credenziale. Chiedo ad un signore che sta caricando delle scatole su un furgone e lui mi spiega come raggiungere la segreteria. Metto il timbro e riesco. Lo stesso signore mi saluta e poi mi chiede dove vado. Gli racconto un po’ del viaggio e lui mi dice “Sola? E con chi parli?”. Io gli rispondo “Con persone gentili come lei”. Al che si afficina e mi confida: “Io faccio il fioraio, è una vita stressante. Sai dove me ne andrei io? Là oltre quella montagna.” io allora gli chiedo cosa ci sia lì, e lui mi dice “Niente, ma posso mettere una sdraio e guardare il panorama. Fai così pure tu”. Gli sorrido di cuore, lo saluto ed inizio la mia salita verso l’eremo di San Felice. Il primo lungo tratto è tutto su asfalto. Fa un caldo assurdo, ma resisto. Bagno spesso il cappello come mi ha consigliato Sara, e quando proprio mi sembra di non farcela, cerco la prima ombra disponibile per fermarmi e rifiatare. Lasciato l’asfalto continuo a camminare, e grazie alle indicazioni di Totó e Sara trovo la strada senza problemi. Attraverso un recinto pieno di mucche che mi guardano con aria sospettosa. Non ne ho mai viste tante tutte insieme, e dire che sono nata in una specie di fattoria. Vorrei fermarmi a fare delle foto, ma ho paura di infastidirle, per cui cammino veloce fino a raggiungere il fontanile. Mi hanno detto tutti che probabilmente lo avrei trovato chiuso, invece è aperto! Se avessi avuto la forza avrei fatto i salti di gioia. Mi fermo un bel po’ al fontanile. Bevo, bagno i piedi, riempio le borracce e mi lascio anche andare ad un po’ di tristezza. E la butto fuori, prima che diventi troppo grande.
Poi riprendo a camminare. Totó mi ha detto che dal fontanile ci avrei messo un’oretta “ma se sei proprio stanca”. Ed evidentemente lo sono, perché ci metto un’ora. Sono davvero stremata, tanto che prima della discesa mando una foto a Totó per spiegargli dove sono e gli scrivo “Dimmi che sono vicina perché potrebbe venirmi una crisi isterica”. Risposta: “Se gridassi io ti sentirei”. Capisco quindi di esserci quasi e stringo i denti. La discesa è in sassi e terra ed è pesante, tanto che quando arrivo alla fine inizio a sentire un fastidio al tendine. Insomma bene, ma non benissimo. In compenso Totó è troppo gentile, mi ha addirittura portato una birra fredda!! Mi dice anche che preferisce non farmi dormire lì da sola e che si fermerà lui. Io a quel punto penso che lo abbia ingaggiato mia madre, ed inizio seriamente a chiedermi come abbia fatto. Prima di lasciarmi sola Totó mi dice anche che con degli amici andrà a Ventimiglia di Sicilia per una sagra e mi invita ad andare con loro. Io accetto, e faccio benissimo. Gli amici di Totó sono simpaticissimi. Mi sento subito a mio agio, tanto che a fine serata in macchina, mi scappa un “Ragazzi mi sembra di conoscervi da una vita”.

Alla fine facciamo tardi, ma in compenso abbiamo anche visto una volpe. Con Totó proviamo a vedere qualche stella cadente, ma la luna è molto luminosa e “rovina” un po’ il colpo d’occhio del cielo stellato, per cui alla fine desistiamo e andiamo a dormire. Io nella speranza di non vedere il Monaco passare tra i letti e di svegliarmi con un tendine nuovo.