DAY 1 – LA PARTENZA

Arrivare in Giordania è stato traumatico! Colpa di un primo atterraggio non riuscito, a pochi metri dal suolo, e di un vento forte che ci ha accolto con impeto. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Mi resteranno in testa per un po’, le parole del mio compagno di viaggio spagnolo in aereo: “E’ stato il peggior volo della mia vita”. Tranquillo amico, anche il mio!! Per fortuna io viaggio con le mie amiche, quelle che “Ma tanto l’aereo messo a folle non consuma benzina”, per cui dopo 1 secondo erano già risate.

Arrivati in aeroporto ad Aqaba abbiamo iniziato a fare file: 2 file ai controlli del passaporto e del visto, la fila in banca, la fila al controllo bagagli (non so perché, ma se avete dell’attrezzatura fotografica vogliono vederla pezzo per pezzo), la fila per comprare la SIM giordana, la fila al bancomat per chi preferiva prelevare e, infine, la fila per prendere la macchina a noleggio. Tutto questo contornato dai sorrisi e dagli apprezzamenti dei giordani. A me devo dire che fa simpatia questo loro modo di approcciarsi, un mix tra un provolone, un viscido ed un comico. Al ritiro dell’auto un ragazzo ci ha perfino fatto assaggiate un dolce tipico (non chiedetemi il nome), e visto che gli abbiamo detto che era buono, ci ha regalato l’intero piattino. Inutile dirvi che mi sono fatta tutto il tragitto dall’aeroporto in hotel tenendo in mano sto piattino, tipo quando vado da mia nonna e mi da qualcosa da mangiare.

In hotel poi abbiamo scoperto che c’è una quantità di italiani impressionante. Nemmeno arrivate abbiamo sentito dei ragazzi, che erano sul nostro volo, salutarci da un balcone. Insomma bene, ma non benissimo.
Comunque di Aqaba non abbiamo visto molto, perché alla fine in hotel ci siamo arrivate a mezzanotte. Abbiamo fatto un piccolo giro a piedi, ma solo per mangiare un kebab (che qui non si chiama kebab), e per goderci i 23 gradi di temperatura dopo il freddo di Milano alla partenza. A conclusione della prima lunga giornata di viaggio, e circondate da italiani, ci ha pensato Marghe a farci immergere nella cultura locale, attraverso la visione di un film giordano, nella TV della nostra camera. Robe che Kabir Bedi scansati.

DAY 2 – DALLA BARRIERA CORALLINA AL DESERTO DEL WADI RUM

Al risveglio decidiamo di tentare la sorte con una colazione tipica giordana, ma alla fine non abbiamo trovato granché. La colazione in hotel, infatti, era un mix di prodotti dolci occidentali confezionati (budino, merendine in busta) e salato tipico sul quale non abbiamo indagato. Di certo è stato strano trovare l’acqua imbiccherata, cioè dentro un bicchiere di plastica sigillato! Ad ogni modo, dopo questa colazione molto veloce ci siamo dirette subito verso la spiaggia privata (Berenice Beach Club) che avevamo trovato su internet, dove poter ammirare la barriera corallina. Vi confesso che la temperatura mattutina non era proprio caldissima, ma non ci siamo fatte scoraggiare. Alle 08:45 eravamo già in spiaggia, con tanto di maschera noleggiata. Entrare in acqua non è stato facile, ma nemmeno così tragico come pensavo. Ma anche lo fosse stato, la fatica sarebbe stata ripagata. La barriera corallina è qualcosa di indescrivibile. A parte che è vicinissima alla riva, cioè due bracciate e vi trovate a nuotare sopra i coralli ed in mezzo ai pesci più strani e belli che io abbia mai visto. Ad un certo punto mi sono ritrovata circondata da mille pesciolini sbrilluccicosi, che manco la Sirenetta nelle sue giornate migliori. Finito il nostro momento Jack Cousteau, abbiamo trascorso il resto della mattina sdraiate al sole, nella speranza che il nostro biancume potesse quanto meno attenuarsi.

Alle 11:30 pronte via, siamo partite alla conquista del Wadi Rum, il deserto giordano. All’ingresso del deserto abbiamo incontrato il nostro autista, un beduino con il montoncino (si, avete capito bene, una giacca di montone che qui in Giordania va un sacco). Con lui abbiamo scoperto una parte di deserto. Per più di 3 ore ci ha portato in lungo ed in largo per il deserto facendoci vedere degli angoli meravigliosi. Abbiamo scalato una duna di sabbia scalze, ci siamo arrampicate sulle rocce (Barbara più di tutti), abbiamo bevuto il te con i beduini conquistando i loro cuori. Ma non vi entusiasmate, nemmeno mia nonna mi avrebbe accasata con uno di loro.
Per concludere in bellezza, il nostro amico beduino ci ha portato in accampamento giusto il tempo per vedere il tramonto. Per farlo è salito con la jeep su dune di sabbia altissime, robe che nemmeno a Gardaland!
Subito dopo il tramonto ci siamo sistemate nella nostra tenda che, reduce dei raggi del sole, ci era sembrata molto calda. Abbiamo poi scoperto che non era così, e che le coperte messe a disposizione avevano un senso. Noi comunque eravamo prontissime. Io, ad esempio, ad un certo punto avevo addosso la t-shirt, la maglia termica, un pile leggero, la giacca di pile pesante e la giacca antivento! Ho faticato perfino a scriverlo, fate un po’ voi.
Nonostante il freddo però l’accampamento era molto carino. Abbiamo cenato in un’area comune riscaldata da un camino e ricoperta di cuscini e tappeti, dove era necessario entrare scalzi. La cena era composta da pollo e verdure cucinati nella sabbia, più altre decine di contorni. Io comunque avevo così fame, che avrei mangiato anche la sabbia! Unico problema della cena l’orario. In pratica alle 19:30 eravamo già a letto. Pensavamo che non saremmo riuscite a dormire fino alle 6, ma invece abbiamo scoperto che il deserto stanca e, sopratutto, abbiamo capito dopo, che 12 ore di sonno prima di Petra sono indispensabili! Perché? Ora vi spiego.

DAY 3 – PETRA

Io Petra non riesco a spiegarvela, ma in realtà credo che nessuno possa spiegarla. È come spiegare il cielo stellato del deserto, non ci si riesce. È un altro mondo, di una bellezza disarmante. Sappiate però che, oltre ad essere bellissima, è anche immensa, perché il Tesoro è soltanto l’inizio di una marea di cose da vedere. Noi ci siamo state tutto il giorno e ne siamo uscite davvero provate. Arrivare al monastero poi è qualcosa di allucinante: mezz’ora di scalini di pietra, a tratti solo roccia ondulata, dove dovrete fare attenzione, non soltanto a non cadere, ma anche agli innumerevoli asinelli che salgono su per portare i turisti. Sembra di non arrivare mai. Io poi ad un certo punto, presa dallo sconforto ed in preda a delle allucinazioni, ho avuto la brillante idea di chiedere ad un signore inglese quanto mancasse al Monastero. Lui mi dice: “Mancano solo 500 metri… ma sono i più brutti!”. Grazie eh! Certo ogni fatica verrà ripagata, ma siate pronti a delle belle scarpinate. Siate pronti anche a dei bambini che cercheranno di vendervi di tutto, a dei beduini con l’eye liner e con l’ormai classico montoncino, e a togliervi e mettervi il giubbotto in continuazione. Inoltre se volete comprare qualcosa vi consiglio di contrattare o di portare con voi un’amica come Margherita!

Alla fine siamo arrivate in albergo alle 17, con un unico desiderio: lavarci e riposarci! Dopo una due giorni fatta di deserto e Petra, eravamo davvero un condizioni discutibili. Motivo per cui alla fine abbiamo cenato in hotel, anche perché fuori tirava un vento gelido che nemmeno l’arrivo degli estranei avrebbe giustificato! Ovviamente prima di dormire bel film giordano selezionato da Marghe e poi dritte a nanna. Domani è la giornata dei castelli sulla strada per il Mar Morto, dove si dica si galleggi senza muoversi. Sarà vero? Scopriamolo.

DAY 4 – I CASTELLI GIORDANI E IL MAR MORTO

Alla fine al Mar Morto ci siamo arrivate tardi, ma fa niente, abbiamo tempo anche domani per galleggiare nel punto più basso della terra. “Colpa” degli innumerevoli giri che abbiamo fatto. Prima di tutto Shobak, l’antico castello di Saladino. Imponente da lontano, ma abbastanza facile da girare. Considerati i nostri orari, siamo state le prime ad entrare, accompagnate da quello che sembrava essere un semplice vigilante/custode del castello. In realtà, ad un certo punto, mi è sbucato davanti travestito da guerriero, con tanto di sciaboletta e scudo. 10 anni di salute presi e buttati via. Il castello comunque è abbastanza diroccato, motivo per cui è difficile capire quali fossero gli edifici originali. Per fortuna l’università di Firenze ha passato un mese a studiare il castello e ha apposto una serie di targhe esplicative in inglese e italiano.

Salutato Saladino, il nostro amico guardiano impegnato in una finta battaglia con dei turisti giapponesi, siamo partite alla volta di Al-Karak. Quasi 2 ore di macchina per arrivare in uno dei più importanti castelli della Giordania. Mentre stavamo cercando di capire da dove iniziare la visita, un vecchietto con tanto di copricapo tipico, ci ha indicato l’inizio del percorso. Non contento ci ha iniziato a spiegare quello che stavamo vedendo raccontandoci un po’ la storia del castello. Mentre ci portava da una stanza da letto alla cucina del castello (o meglio di quel che ne resta), con un fare da immobiliare di successo, è stato chiaro che la sua disponibilità andava ripagata, e che il nostro incontro non era stato poi così casuale! Ciò nonostante a me Brufen (ovvero Abufadi) è piaciuto. Le sue spiegazioni e il suo ripetere che era un beduino originale mi hanno fatto simpatia. Con Margherita poi era nato un feeling. Ci ha perfino raccontato di avere 10 figli con una sola moglie. A me, a quel punto, è partito un bel “bravo”!
Comunque lasciato Brufen siamo andate a mangiare in un posto consigliatoci dal parcheggiatore abusivo, che stava proprio di fronte al parcheggio. Tutto bello se non fosse che la cucina non era visibile, nel senso che era proprio da un’altra parte. In pratica il cameriere usciva fuori, costeggiava sul marciapiede il locale e andava in cucina. Ciò nonostante abbiamo voluto fidarci e alla fine il mio felafel era davvero molto buono.

Tra Al-Karak e il Mar Morto avevamo solo un’altra sosta da fare, ovvero Madaba, famosa per i suoi mosaici. Insomma altre due ore di macchina e via. Per arrivare a Madaba decidiamo di allungare un po’ e passare per la strada dei re e vedere il Wadi Mujib, o meglio la valle del Mujib, un lungo canyon intagliato nella roccia nel corso dei secoli, da uno dei fiumi che circondano il Mar Morto. Un luogo incredibile ed immenso. Abbiamo cercato di fotografarlo, ma niente. Eravamo tutti d’accordo sul fatto che nessuna foto rendesse l’idea di ciò che abbiamo avuto davanti agli occhi. Non per fare i fenomeni, ma vi giuro che è così.

Alla fine arriviamo a Madaba. Madaba è una città abbastanza grande, soprattutto se paragonata a quello che abbiamo visto fino ad oggi. E si, i mosaici di Madaba meritavano una visita, seppur di qualche ora. Abbiamo avuto, infatti, giusto il tempo di vedere 3 siti indicati sulla guida, ascoltare il richiamo alla preghiera del muazzin dagli altoparlanti del minareto, e camminare accompagnate dai clacson delle macchine di soggetti improbabili. Così improbabili che lo Zio Lurch della famiglia Addams, in confronto vi sembrerebbe una personcina affabile. Lasciata Madaba abbiamo percorso al buio la strada per il Mar Morto, e qui cito testualmente Barbara: “Questa strada da un senso al fatto che tutti abbiano gli abbaglianti accessi”. D’altronde scendere nel punto più basso della terra non poteva essere così facile. Alla fine però ci siamo ritrovate in un bellissimo resort con tanto di pacchetto spa prenotato per la sera successiva. Domani andiamo alla scoperta di Jerash e di Salt, per poi tuffarci nel Mar Morto.

DAY 5 – JERASH, SALT E UN BAGNO NEL MAR MORTO

Oggi è una giornata programmata al dettaglio. Abbiamo deciso infatti, di dedicare l’ultimo giorno interamente ad Amman, motivo per cui dobbiamo riuscire a smarcare gli ultimi punti del nostro programma di viaggio, ovvero: Jerash, Salt, il bagno nel Mar Morto e una sessione relax in Spa. Motivo per cui alle 6:30 siamo già pronte per la colazione. Io combatto una battaglia personale per avere un waffle, ma alla fine ci riesco. Alle 9 e poco più siamo a Jerash. Non ho ancora ben capito come, ma ci facciamo truffare da un parcheggiatore abusivo (il personaggio più inquietante avvistato in Giordania) a cui diamo 2 dinari per sorvegliare la nostra auto, a 10 secondi dal parcheggio gratuito del sito archeologico. Ma vabbè, poco grave.

Il sito archeologico di Jerash è pazzesco, e a dirlo è una che non è propriamente appassionata di archeologia, ma vi sembrerà davvero di camminare nell’antica Roma. Inizio così a scattare foto e a girovogare tra capitelli e colonne, finché non mi imbatto nel tempio di Artemide. Salgo le scale e trovo delle bancarelle che vendono oggettini e collane. Ci sono 2 uomini ed un ragazzo. Quest’ultimo si avvicina e mi chiede se voglio vedere la colonna che si muove. Io gli dico di sì e lo seguo lungo una della colonne laterali, dove è stato posto un cucchiaio che fa leva tra un sassolino e la colonna. Effettivamente mentre Abib (questo il nome del ragazzo) muove la colonna, il cucchiaio si muove. Poi dice che se voglio lui potrebbe farmi una foto bellissima tra le colonne. Lo ringrazio, ma gli dico di no. Mentre sto per andare via, però, arriva Marghe. Allora rientro con lei. Abib le fa vedere il cucchiaio, e poi insieme decidiamo di farci questa famosa foto. Abib fa una panoramica, e così facendo riesce a prendere tutte le colonne intorno. L’effetto è davvero carino, tanto che ce ne facciamo fare un’altra. Alla fine ci dispiace non comprare niente ad Abib, così dopo la solita contrattazione compriamo qualche cuzzo. Abib ad un certo punto mi dice che noi italiane siamo molto belle e che lui mi sposerebbe per 10 cammelli. Mò io non lo so quanto vale un cammello in Giordania, ma so che a casa mia si contratta al massimo in maiali, per cui declino con molta serenità. Alla fine andiamo via, e gira che ti rigira si sono fatte quasi le 12. Siamo un po’ in dubbio sul da farsi. Il nostro programma prevede Salt, ma non vogliamo rischiare di perderci il bagno al Mar Morto. Alla fine decidiamo di provarci e partiamo alla volta di Salt, dove facciamo davvero una visita lampo. Non tanto per la mancanza di tempo, ma proprio perché non c’è molto da vedere. Per questo ci tocca ringraziare la Lonely Planet, che a volte romanza troppo alcuni luoghi. Su una cosa però hanno scritto il vero: Salt non è un posto battuto dai turisti. La stragrande maggioranza della gente del luogo ci guardava come fossimo alieni a tre teste, o come io di solito guardo chi va a correre truccatata. La restante parte ci guardava sorpresa, tanto che qualcuno ci ha detto “Welcome in Jordan”. Prima di lasciare Salt mangiamo un Kebab al volo (che qui noi ormai chiamano sandwich), e poi via: direzione Mar Morto.

Appena arrivate in hotel ci mettiamo il costume e ci facciamo accompagnare alla spiaggia privata dell’hotel. La temperatura non è delle migliori ed io ho già trascorso la notte con il mal di gola. Ma come potrei non farmi il bagno? Così con un po’ di pazienza mi tuffo in acqua e scopro che è vero, si galleggia in un modo assurdo. È come se ci fosse una forza a spingerti verso l’alto. È pazzesco! Provo a fare la classica foto mentre leggo il giornale in acqua, ma “accappotto” da tutti i lati. Tanto che per ridere faccio anche la versione Enza: io in piedi che leggo il giornale! Vicino alla spiaggia ci sono inoltre delle vasche di pietra piene di fango del Mar Morto. Ora io non so bene quali siano le proprietà di questi fanghi, ma non sia mai che vedo una cosa e non la provo. Inoltre mi piace pensare che siano miracolosi. Quindi cerchiamo di immergerci nel fango, che per inciso non ha un buonissimo odore. Capiamo subito che il senso della vasca, però, non è quello di immergersi per fare lotte di fango selvagge, ma quello di prendere il fango con le mani e spalmarselo addosso. Per cui tutte felici e contente ci adoperiamo a spalmarci questo fango. Dopo un selfie, che molti di voi forse definirebbero “da ricatto” ma che a noi piace tanto, decidiamo che forse è meglio lavarsi. Tra il sale del Mar Morto ed il fango, la pelle inizia un po’ a tirare. L’unica cosa che non avevamo calcolato era la distanza dalla doccia al nostro asciugamano. Quindi tutte bagnate e con un bel venticello fresco, percorriamo quelli che a me sono sembrati 10 km, per poterci asciugare. Cioè io non so come sono ancora viva. Il resto è tutto un passare dalla Jacuzzi, alla sauna, al bagno turco e ad un bel massaggio. Insomma tutto relax. Ovviamente anche ieri sera di riprendere la macchina non ci andava, per cui cena in hotel e piccolo intrattenimento musicale giordano. Ci siamo persino trovate a cantare una versione assurda di “Happy birthday to you” al signor Mustapha che compiva gli anni. Più calate nella cultura locale di così, non si può!

DAY 6 – AMMAN: ALLA RICERCA DEI COLDPLAY

È il nostro ultimo giorno in Giordania. Io mi sento pervasa da un mix di gratitudine. In ogni caso non è ancora tutto finito, abbiamo ancora Amman da conquistare! Così, solita sveglia alle 6 e alle 8 siamo già in aeroporto a riconsegnare la macchina. Non avevamo voglia di sbatterci nel traffico di Amman quindi abbiamo pensato di svincolarci prima. Lasciata la macchina prendiamo il primo taxi libero e ci imbattiamo in Mahmood. Mahmood ha voglia di chiacchierare, lo capiamo subito dal fatto che imposta google translate dall’arabo all’italiano, con comando vocale. Inizialmente è anche simpatico. Pronuncia delle frasi lunghissime in arabo, la cui traduzione è, per esempio, “buona giornata”. Tutto ciò ci fa sorridere, finché non inizia a parlare delle differenze, diciamo “culturali”, tra i nostri due paesi. Mamhood ci spiega infatti che gli uomini giordani, proprio a causa di queste differenze, sono… Come dire… Traducendo letteralmente dal suo inglese… “affamati”. In Italia, invece è diverso. Perché noi siamo un po’ più “libertine”, e poi volendo esiste la prostituzione. Insomma argomenti che non ci piace trattare con lui, motivo per cui ci chiudiamo in un educato silenzio fino in hotel. Arrivate in hotel molliamo i bagagli e proviamo a chiedere al ragazzo in reception se sa dove si svolgerà il concerto dei Coldplay. La sua risposta mi lascia un po’ perplessa: “Coldplay? Oggi è chiuso, è venerdì”. Capiamo così, che in Giordania i Coldplay non sembrano essere poi così famosi.

Per scoprire la città iniziamo a seguire un percorso trovato su internet, che consente di vedere il movimento della street art ad Amman. Credetemi è molto più vivo qui che non in alcune città europee, cosa che sinceramente non sospettavo. Il percorso ci porta anche davanti all’antico teatro Romano, per cui ne approfittiamo per visitarlo. Anche questo è conservato benissimo. Insieme a Barbara decidiamo di salire su in cima al teatro dove la vista è effettivamente pazzesca. Certo il teatro è ripidissino, sopratutto nella parte centrale, talmente tanto che per scendere mi sposto su uno dei lati, in quanto la vista mi da un po’ fastidio. Arrivate giù decidiamo di darci allo shopping e comprare tutti i regalini che abbiamo rimandato nei giorni scorsi. Per fortuna con noi c’è Marghe e riusciamo a strappare sempre qualche Jod grazie alla sua contrattazione. Ad un certo punto costringe un venditore a regalarci perfino una spilletta con la bandiera giordana. Lui alla fine cede e le dice “Tu sei una vera araba”, roba da scrivere sul curriculum secondo me.

A questo punto ci rimane solo da vedere la Cittadella dove, tra l’altro, potrebbero suonare i Coldplay. Così ingenuamente, lasciamo i nostri acquisti in hotel, e ci dirigiamo alla Cittadella. Qui una dispiaciuta guardia ci dice che il sito resterà chiuso per due giorni, proprio per il concerto dei Coldplay. Noi non la prendiamo proprio benissimo. Cioè non so se mai ritornerò ad Amman, e quindi la cittadella volevo vederla. Dobbiamo però accontentarci di veder passare i Coldplay e di sentirli cantare da uno dei muri esterni.

Ad un certo punto ritorniamo in hotel, facciamo un altro giro e poi ci prepariamo per la cena. Ho infatti prenotato un tavolo in uno dei più consigliati ristoranti di Amman (consigliato tra l’altro dalla mia amica Selvaggia). Per andare al ristorante prendiamo un taxi, e non perché siamo sfaticate, ma perché durante tutto il giorno abbiamo appurato che Amman si estende su 14 colline. In pratica abbiamo fatto tante di quelle salite e discese, che equivalgono a tre mesi di step e squat, sappiatelo! Il ristorante è molto carino e mangiamo molto bene. Certo per un momento dimentichiamo di essere in un paese arabo e chiediamo il vino, facendo inorridire il cameriere. Ma è un attimo. Uscite dal ristorante decidiamo di andare a bere un the o una coca cola (la versione araba di “Andiamo a berci una birra”). Finiamo così in questo locale carino, dove un gruppo di ragazzi con chitarra, stanno suonando delle musiche. Loro sono molto bravi, e ad un certo punto fanno partire anche “Bella Ciao”. Lasciamo i ragazzi con la chitarra e torniamo in Hotel in taxi. Lungo la strada vedo un enorme murales del joker. Mi segno la posizione e mi riprometto di tornarci l’indomani mattina prima di partite. E così è stato! Adesso sono in aereo, voi questo post lo leggerete al mio rientro in Italia.

La Giordania la metto tra i viaggi perfetti, quelli fatti di posti magici, di esperienze uniche, circondata da persone che amo. Stranamente non sono poi così triste di tornare in Italia, forse perché il viaggio e stato bello, forse perché mi manca Giorgia, o forse solo perché la magia ormai riesco a vederla ovunque. Ecco, circondatevi di magia!