Cammino di Santiago

Non so se per merito della bella serata, del vino o della neve, ma ieri sera ho dormito veramente bene. E il risveglio non è stato da meno. Giorgio, infatti, ci ha svegliato con la musica, precisamente con Riptide di Vance Joy (se non la conoscete ascoltatela).

Ci prepariamo e partiamo immersi nella neve. Il paesaggio è davvero meraviglioso. Intorno è tutto bianco e il terreno a tratti ghiacciato, per cui bisogna porre molto attenzione. Sulla strada per la Cruz de Hierro incontriamo Nicola, partito alle 6 da Rabanal del Camino. Poco dopo arriviamo alla Cruz de Hierro. Lasciamo la pietra portata da casa, recitiamo la preghiera tradizionale, facciamo qualche foto e ci rimettiamo di nuovo in cammino. L’obiettivo è El Acebo, dove dovremmo far colazione. Peccato che stia a circa 11 km di distanza per cui alla fine ci arriviamo alle 10 passate. Per arrivarci camminiamo in mezzo a boschi innevati che ci meravigliano ad ogni passo!

La strada è difficoltosa, tanto che ad un certo punto un signore in macchina ci consiglia di proseguire sull’asfalto per non rischiare di scivolare. Cerchiamo di ascoltarlo, ma dopo 100 metri ci rimettiamo sullo sterrato del cammino 🙂

Più scendiamo verso El Acebo più diminuisce la neve. Appena arrivati entriamo nel primo bar sulla strada e facciamo colazione davanti al camino acceso con cafe e leche, e torta al cioccolato. Salutiamo la mia nuova amica coreana che è appena arrivata e ripartiamo. Facciamo quasi una tirata fino a Molinaseca, eccezione fatta per un check ai piedi, che dopo tre giorni iniziano a soffrire. Ci accorgiamo, infatti, di aver quasi finito i Compeed, e ci ripromettiamo di ricomprarli a Ponferrada, destinazione di oggi.

Arriviamo a Milonaseca intorno alle 13, giusto in tempo per il pranzo. Solito Bocadillo e Cerveza, ma in una location stupenda: con vista ponte romanico e fiume. Meraviglioso!

Dopo pranzo partiamo alla volta di Ponferrada, 8 km che sembrano non finire mai, anche perché quasi tutti sull’asfalto.

Le caviglie iniziano a far male, ed iniziamo a sognare la doccia e i piedi liberi dalle scarpe. Per fortuna prendiamo un percorso alternativo alla statale, ma segnalato, che ci porta proprio all’albergue gestito dagli amici del cammino. Si tratta di un albergue donativo (decidi tu quanto pagare per poterci dormire) molto ben tenuto e pulito. In camera finiamo con due danesi partiti da Saint Jean, ma non li vediamo molto perché partiamo subito per fare la doccia e il bucato.

Non appena sistemati usciamo per andare a visitare il castello di Ponferrada e per cercare una farmacia. Sulla strada rincontriamo il nostro amico australiano Nicola con il quale ci diamo appuntamento alle 17 per bere qualcosa insieme. Purtroppo però non riusciamo ad essere puntuali. Il castello è chiuso, ma il problema più grande è la farmacia. Chiediamo ad un signore e ci dice che oggi è la festa del lavoro (anche qui), e quindi bisogna capire qual’e la farmacia di turno. Una volta individuata proviamo a chiedere ad una signora se sa indicarci la strada. Lei non solo ci accompagna in farmacia, ma ci riporta anche indietro fino all’albergue. Mentre torniamo indietro scopriamo che si chiama Pilar, ma tutti la chiamano Pilì. Arrivati nei pressi dell’albergue ci fa fare una piccola deviazione e ci porta a casa sua. Ci mostra il citofono e ci dice di andarla a cercare nel caso in cui avessimo bisogno di qualsiasi cosa. Per essere certa che non saremo in difficoltà ci dà anche il suo numero di telefono. Quando ci abbraccia per salutarci non so che dire se non grazie. Un grazie che parte proprio dal cuore. Torniamo in albergue ancora emozionati dall’incontro con Pilì.

Recuperiamo Paolo e Domenico e decidiamo di cenare in ostello cucinando qualcosa. Per cui, mentre Domenico e Bruno tornano in farmacia, io e Paolo andiamo alla Tienda (il supermercato) più vicina a fare la spesa. Il menù prevede spaghetti all’amatriciana, ed è un successo. Alla fine ci troviamo a cena nuovamente con ragazzi coreani che ci offro la loro cena e con noi che offriamo loro spaghetti. A fare da collante (qualora ce ne fosse bisogno) c’è Aron, un signore tedesco con la voglia di cantare. Non so come succede ma alla fine anche i coreani si mettono a cantare “O sole mio”. È l’apoteosi, gli albergatori vengono a chiedere maggior silenzio, ma noi ormai non smettiamo più di ridere. Prima di andare via Aron mi abbraccia, mi augura buon canino e mi da un bacio sulla guancia.

La serata finisce con noi a bere il bicchiere della staffa con Abram che viene dalla Corea, e scambiare quattro chiacchiere con ragazzo italiano partito a piedi da Parma con il suo cane.

Perché ho capito come funziona. Il cammino è così, ti stupisce sempre!!