Parto da Caccamo alle 6:30 circa, dopo aver preso un caffè al bar e aver constato che la mia gamba sinistra sembra reggere bene. Ho ancora un po’ di paura, ma mi sento fiduciosa. Per uscire dal paese faccio una bella salita, che però mi ripaga con una vista di Caccamo alle prime luci del mattino. Faccio fatica a camminare, tanta è la voglia costante di girarmi indietro e osservare il panorama. Ma alla fine vado. Mi lascio alle spalle Caccamo e il lago Rosamarina e mi ritrovo a costeggiare campagne e pascoli di mucche, cavalli e soprattutto pecore.

Il rumore del gregge di pecore mi accompagna per un bel po’ e mi da serenità. Mi fa pensare a mio nonno, alle nostre estati da piccoli, al suo amore per gli animali. Ma non mi faccio prendere dalla tristezza. So che lui è con me, e non gli piacerebbe proprio vedermi triste. Continuo a camminare con un buon passo e facendo pochissime soste, anzi, fino al fiume quasi nessuna. Dal fiume in poi, però, inizia la salita per Montemaggiore, e di conseguenza le soste strategiche. Non ho fretta, anche perché sono solo le 9:30 e mi resta da fare “solo” la salita finale.

Così tra uno stop e l’altro, inizio a salire. Ad un certo punto mi rendo conto di avere poca acqua. Vedo un signore ed un ragazzo che riempiono una vasca con una cisterna che hanno sul trattore. Mi avvicinino e chiedo se l’acqua è potabile. Mi dicono di no, ma hanno una bottiglia di acqua potabile e me la danno senza indugi. Io riempio solo una borraccia, ma il signore mi dice di prenderla tutta. Gli chiedo come si chiama e poi gli dico “Grazie Rosario”, perché è più bello ringraziare chiamando per nome chi abbiamo di fronte. Mentre bagno il cappello con l’acqua della cisterna, Rosario mi chiede da dove sono partita e se sono da sola. Ed io, in barba a tutte le raccomandazioni di mia madre e del sig. Giovanni di Caccamo, gli rispondo di sì. Mi sembra una brava persona, e nonostante nei rapporti sentimentali questo istinto non ci abbia sempre preso, io continuo a fidarmi di lui. Rosario però ha una reazione molto molto simile al sig. Giovanni. Non è un uomo di molte parole, per cui mi dice soltanto “Non farlo più”. Come glielo spiego che non esiste? Non glielo spiego, perché apprezzo la sua genuina preoccupazione, e perché già faccio fatica a spiegarlo ai miei, perché con lui dovrei riuscirci? Così gli sorrido, lo ringrazio nuovamente e proseguo.

Alle 11 sono a Montemaggiore Belsito. Ho qualche difficoltà a rintracciare i proprietari del posto dove dormirò, ma alla fine ci riesco. Solita routine: doccia e vestiti. Anche qui non trovo uno stendino e non ho un balcone, per cui alla fine li appendo con delle grucce davanti alla finestra. Prima di riposarmi incontro Fabio, che con Giusy di Sclafani, fa parte dell’unico comitato al momento presente sul cammino. Mi porta della frutta e dell’acqua senza che gli abbia chiesto nulla, e questo già mi scalda il cuore. Dopo un po’ di riposo mi rivedo con Fabio. Chiacchieriamo di tutto e il tempo passa velocemente. Recuperiamo del ghiaccio per la mia gamba, ed intanto continuiamo a chiacchierare. Alla fine ci ritroviamo in piazza, insieme ad altri amici per una birra, e tra la ricerca di un timbro bello ed un’altra birra, arriva l’ora di cena. Andiamo tutti insieme a mangiare una pizza, e finiamo perfino per creare, insieme al pizzaiolo, la pizza del pellegrino.

Gira e rigira si fanno le 23:30. Fabio dice che sono una pellegrina atipica, perché i pellegrini alle 9:30 vanno a dormire. Io invece, tra la serata con i ragazzi dell’eremo di San Felice e questa, inizio ad essere in deficit di sonno. Ciò nonostante, prima di andare a dormire, andiamo anche a vedere l’incisione su San Giacomo, sulla pietra ritrovata a Montemaggiore. Poi a letto, con la testa piena di pensieri felici. Fra tutti 2: la gamba ha retto bene e, soprattutto, domani arriverò a Sclafani che significa la pozza e conoscere Giusy. Quando si dice addormentarsi bene.