Ripartire dopo i Pirenei non è facile, ma in qualche modo martedì mattina ci rimettiamo in cammino. Il tempo continua ad essere capriccioso, tanto che ci costringe a mettere il copri zaino e ad indossare la giacca a vento. Eppure nonostante i dolori in poco tempo arriviamo a Burguete, dove troviamo un ottimo bar per la colazione. Ci rimettiamo in cammino molto ottimiste, ed il primo tratto ci fa ben sperare in una tappa tranquilla. Per tutto il tragitto siamo io, Elisabetta e Marzia.

Facciamo tratti in cui chiacchieriamo di qualsiasi cosa, altri in cui ognuna di noi si chiude nei suoi pensieri, lasciando il silenzio a farci compagnia. Facciamo poche e brevi pause. Poi il dramma: iniziano salite brevi ma ripide, e discese infinite! Mi aiuto con i bastoncini ma alla lunga la discesa vince.

Me ne accorgo dopo pranzo. A Zubiri, infatti, ci fermiamo per mangiare un Bocadillo. Ci riposiamo si, ma quando ci rimettiamo in cammino mi accorgo che il ginocchio sinistro mi fa male. Non è un dolore insostenibile, ma in discesa a tratti mi toglie il fiato. Così mi appoggio molto sui bastoncini e cerco di caricare meno peso possibile. Ad un certo punto inizio a sognare una farmacia, così mi fermo da un signore e gli chiedo se a Lasagna (come abbiamo ribattezzato Larrasoana) c’è una farmacia. Mi risponde di no, ma si offre di accompagnarmi di nuovo a Zubiri per trovarne una, oppure come passaggio per arrivare prima e non sforzare il ginocchio.

Io però non ci sto, e continuo a camminare. Arriviamo a Lasagna e tocca fare il primo saluto di questo cammino. Marzia, infatti, ha tempi più stretti e decide di andare avanti. So che è un arrivederci, anche perché devo assolutamente restituirle la cintura che mi ha lasciato. In pratica grazie a lei non rischio più di perdere i pantaloni modulabili. Non so perché ma mi stanno grandissimi!

Arrivate a Lasagna io ed Elisabetta ci dirigiamo all’ostello Municipale. Il tizio che ci accoglie è un uomo gentile dal capello unto. Ci registriamo insieme ad una ragazza canadese di nome Khaty, ma mentre a lei viene assegnata una camera nello stesso stabile in cui ci troviamo, io ed Elisabetta veniamo portate da un’altra parte, dove si trova già Diana. La reazione di Betta alla vista dell’ostello è la seguente: “Ma dormiamo in una stalla?”. Io rido ma la struttura sembra davvero una stalla. Diana, che è più ottimista di noi, la chiama “la veranda”, in ogni caso non è proprio un gran posto. I bagni però sono puliti, così ne approfittiamo subito per lavarci. Non appena pronte andiamo alla ricerca dell’unico supermercato del paese. Il signore che lo gestisce, Angelo, ci prende in simpatia, talmente tanto che ci fa rientrare nel supermercato e, di fronte ai nostri occhi increduli, stappa una bottiglia di vino e ce ne offre un bicchiere. Alla fine usciamo da lì belle allegre, e con 15€ di Voltaren in busta!

Risolta la questione spesa e appurato che la cucina dell’ostello non è proprio il massimo, ci dirigiamo verso l’unico bar di Lasagna per prenotare la cena. Di tempo però ne abbiamo ancora tanto, e visto che mi è comparso una bozza al piede destro (per aver stretto troppo le scarpe), decido di mettere i piedi a mollo nell’acqua fredda del fiume. La sensazione è meravigliosa, non solo per il beneficio ai piedi, ma anche per l’atmosfera che regna intorno. Sembra tutto perfetto!

Rinfrancare dall’acqua fredda, recuperiamo Diana dalla stalla/veranda, e ci dirigiamo presso il ristorante dove ceneremo per un aperitivo. Ci beviamo due birre mentre ridiamo e chiacchieriamo ed il tempo come sempre vola. Quando ci raggiungono le altre, ceniamo e poi torniamo alla stalla. Dentro fa caldissimo, ma una spagnola teme le zanzare e decide per tutti di lasciar chiusa la finestra! Noi per correttezza con prestiamo, ma sarà una notte caldissima. Quanto meno troviamo un volontario che scenda le scale e spenga la luce. È Niccolò, che si guadagna l’applauso collettivo.

Anche Lasagna è stata conquistata!

***

Al terzo giorno arrivò Pamplona! Oggi infatti, solo 15 km ci separano dalla città famosa per la corsa dei tori. La nostra idea è quella di arrivare presto per avere il tempo per vedere la città.

Il mio ginocchio va un po meglio ma non facciamo grandi discese, ed io comunque non forzo per paura di peggiorare la situazione. Motivo per cui resto sempre un po’ indietro, anche perché ho un po voglia di starmene per conto mio insieme ai miei pensieri.

Mentre cammino nel bosco uno scoiattolo mi taglia la strada rendendomi felicissima. Proseguo e ritrovo gli altri fermi presso un punto donativo con banane, brioche e frittata alle cipolle. Mi fermo anch’io e scopro che non è un posto qualunque. Il signore che lo gestisce, Dan, è stato assistant camera durante le riprese del film “The way” (Il cammino per Santiago). Su un muro, infatti, vedo una foto di lui con Martin Sheen, il protagonista del film. Gli chiedo da dove viene e mi dice dagli Stati Uniti. Allora gli chiedo come mai lo fa, e lui mi racconta che è in pensione e che ha deciso di fare qualcosa per gli altri. Le offerte che riceve, infatti, servono ad aiutare dei ragazzi disabili. Finisco di mangiare la mia frittata con le cipolle in silenzio, perché di fronte a questo non so davvero cosa aggiungere!

Riprendo a camminare e ritrovo Elisabetta a pochi chilometri da Pamplona. Entriamo in città ed il nostro primo stop é la farmacia. Compro la ginocchiera è così scopro che ginocchio in spagnolo è rodilla. L’ostello municipale apre alle 12 per cui nell’attesa io ed Elisabetta ci dirigiamo verso Sephora per l’acquisto di una maschera per i piedi. Lo so che siete scettici, ma credetemi è qualcosa di meraviglioso!!

Alle 12 siamo i primi ad entrare in ostello, e siamo felici della nostra scelta. Nonostante le condizioni pessime in cui ci troviamo, lasciamo gli zaini e riusciamo subito. Niccolò ed Alice continuano il loro cammino, ma prima pranziamo tutti insieme. Pranziamo presso un buonissimo tapas bar in centro. Salutiamo Alice e Niccoló e torniamo in ostello per darci una lavata. Decidiamo di visitare la città e poi di cucinare qualcosa in ostello.

Pamplona è molto bella, soprattuttto da un punto di vista architettonico. Giriamo e rigiriamo, prendiamo un frozen yogurt, visitiamo la cattedrale e alla fine andiamo a fare la spesa. Tra l’altro a cena abbiamo invitato Daniel, il ragazzo inglese che abbiamo svegliato a Saint Jean Pied de Port. La cena è una breve storia triste: 6 ragazze italiane che invitano un inglese a cena e cucinano un’insalatona!
Ciò nonostante Daniel, che è molto gentile, ci fa un sacco di complimenti (ma che insalate mangiano in Inghilterra?!?)
Finita la cena ci mettiamo a fare qualche gioco. Ad esempio mettiamo le mani sul tavolo e cerchiamo di parlare senza gesticolare (un’impresa!!). Poi passiamo all’improvviso alla serietà. Succede quando Daniel ci chiede perché abbiamo deciso di fare il cammino, e cosa cerchiamo in esso. Tutti abbiamo un motivo diverso, ma in fondo simile a tutti gli altri. Impegnati a chiacchierare ci accorgiamo che sono le 22 passate, e che se vogliamo fare un giro in centro dobbiamo sbrigarci, perché l’ostello chiude alle 23.

Abbiamo giusto il tempo di una birra e altre 4 chiacchiere prima di rientrare. La sveglia é alle 5 visto che si prospetta una giornata torrida! Io mi addormento come ormai ogni sera, con la paura del ginocchio ma con il cuore felice felice!