Ci ho pensato un bel po’ prima di provare a tradurre in frasi di senso compiuto, una parte di quelle emozioni che mi ha lasciato il cammino. Esattamente 1 mese, ecco quanto mi ci è voluto!
All’inizio è stata colpa della tristezza, o meglio di un mix tra tristezza, malinconia e non so cos’altro. Sono rimasta sdraiata a fissare il soffitto per un tempo necessario a farmi capire che il mio letto, alla fine, non mi era mancato per nulla. Il vestito comprato prima di partire, e che tanto volevo mettere, ancora meno. E la doccia? Si, pulita e con la spugna e il bagnoschiuma profumato, ma l’odore del sapone di marsiglia cosa aveva che non andava? Ho girato per la mia camera in cerca di qualcosa di materiale che mi fosse mancato, e non ho trovato nulla, perché la verità è che per essere felici non serve nulla. Basta avere il cuore leggero, ecco cosa basta!
Mi è mancata la mia famiglia, quello si. Sono partita certa che sarei tornata e che avrei ritrovato tutti ad aspettarmi, ed è andata così. Eppure in alcuni momenti ho avuto paura, paura di non poterli dare ancora certi baci e certi abbracci, ma evidentemente non doveva andare così. E nonostante questa paura avrei voluto non finisse. Avrei voluto continuare a camminare e a perdermi ascoltando il rumore dei miei passi e dei bastoncini da trekking che toccano terra. Avrei voluto piangere e poi ridere, e poi piangere ancora, lungo le mesetas. Avrei voluto respirare l’odore di Canfora della Radio Salil, per potermene lamentare con Maurizio e Silvio. Avrei voluto continuare a mangiare Tortillia come se non ci fosse un domani. Avrei voluto emozionarmi ancora di fronte ad ogni paesaggio. Nonostante le cimici, i dolori, le vesciche, etc. non c’è stato un giorno in cui la felicità non mi abbia toccato il cuore!
Ma alla fine sono arrivata a Santiago. Mi sono ritrovata davanti alla Cattedrale e ho pianto per l’emozione, la gioia, la stanchezza, la tristezza, l’amore, e per tutte le altre mille emozioni che sentivo dentro. Le ho coltivate, ma non in quell’ultimo mese. Le avevo dentro da un bel po’, le tenevo lì in attesa di liberarle, alcune di lasciarle andare. Ecco una delle cose che mi ha regalato il cammino: mi ha permesso di lasciare andare. Ho smesso di dire “Ma perché è andata così?”, e ho iniziato a dire “E’ andata così”, non con rassegnazione, perché ho capito che questo è un sentimento che non mi appartiene. Ho iniziato a dirlo con consapevolezza, guardando negli occhi la tristezza e non facendomi più soggiogare. Perché quando sei in cammino il tuo cuore si riempie così tanto, che non hai più posto per la tristezza. E così, un po’ alla volta, la lasci lungo la strada.
E mentre camminavo da sola mi sono sentita forte, quasi invincibile! Ho realizzato di essere fortunata, di avere la mia vita in mano e di poterla rendere meravigliosa. E per iniziare a farlo, a volte, basta un sorriso o una parola gentile, non servono chissà quali stratagemmi.
È stato difficile tornare, molto più che camminare per 800 km, ma alla fine anche il ritorno fa parte di questo viaggio! E così sono tornata anch’io, con i piedi pieni di vesciche, la testa piena di viaggi e il cuore pieno d’amore. Il dolore con il quale sono partita è ancora lì, ma non mi soffoca come prima, perché forse ho imparato ad accettarlo.
È passato un mese, ma io sono ancora lì, in un letto a castello, sdraiata sul mio sacco a pelo a pensare a quanto la vita sia meravigliosa! Magia del Cammino!